"Il presente è un cambiamento costante."
Fritz Perls
Psicologa
Livorno (LI)
Sono stata da sempre interessata alla dimensione umana considerata nella sua unitarietà, in cui l’aspetto intellettuale e quello emotivo e, conseguentemente, comportamentale non possono essere considerati come separati, ma, al contrario, integrati e dinamicamente interagenti. Così la mia formazione filosofica si è andata fondendo con l’interesse verso la sfera psicologica, non trascurando il contesto di riferimento in cui si il singolo o il gruppo si formano ed interagiscono. Appassionata di arte, ho utilizzato anche la produzione pittorica e materica come chiave di lettura dell’animo umano.
Per quanto concerne la mia formazione, alla Laurea in Filosofia sono seguiti percorsi strutturati nella direzione delle pratiche filosofiche rivolte a bambini, ragazzi e adulti, e della Consulenza filosofica. Parallelamente mi sono formata al Counselling psicologico per poi conseguire la Laurea in Psicologia.
La mia pregressa esperienza nel mondo della scuola superiore mi ha sensibilizzato innanzitutto verso le articolazioni dello sviluppo adolescenziale, ma anche nei confronti degli aspetti connessi con la funzione genitoriale e i rapporti all’interno del contesto familiare e, in generale, al complesso delle dinamiche cliniche.
Nel tempo ho avuto la possibilità di condurre gruppi di riflessione e di ascolto in ambiti diversi, compreso il contesto carcerario, sia femminile che maschile.
La scelta di questa professione è per me connotata dalla fiducia che il rapporto con l’Altro sia elemento essenziale di crescita reciproca ed esercizio di costante abitudine alla crescita e al cambiamento, trasformando attivamente i momenti di crisi nel recupero di risorse interiori, spesso sconosciute.
Considero il mio ruolo di psicologa essenzialmente declinato alla funzione di supporto alle difficoltà della vita quotidiana per aiutare ad una presa di consapevolezza di sé stessi e alla riattivazione delle risorse e potenzialità spesso nascoste o inespresse. Il cliente/paziente è essenziale centro di riferimento dell’intervento e diventa co-creatore di un percorso di cambiamento. Credo, in tale direzione, nella finalità fondamentale di restituire a ciascun individuo il diritto alla dimensione di un equilibrio psicofisico, alleviando il malessere psicologico.
Utilizzo un approccio integrato che unisce una formazione gestaltica ed esperenziale con l’approccio psicodinamico, rendendo comunque l’intervento sempre funzionale alle esigenze emotive e relazionali del cliente. Sono convinta, infatti, che il lavoro psicologico sia basato fondamentalmente su un'alleanza con chi si rivolge a me, nel rispetto della libertà e della responsabilità individuale della persona rispetto alle proprie scelte.
Di conseguenza, sono consapevole che nel setting non solo necessiti di un ascolto attento, ma crei un' autentica esperienza di confronto e crescita per entrambi.
Ispirandosi in particolare all’approccio di Violet Oaklander, a sua volta legato a quello di Perls, la modalità operativa gestaltica “stabilisce un ponte tra il corpo, le emozioni e la volontà”, che punta al perseguimento della consapevolezza della intenzionalità relazionale, capovolgendo la prospettiva dell’adattamento sociale. Infatti, piuttosto che individuare il comportamento socialmente accettabile con il quale adattarsi alle esigenze sociali, si considera il comportamento considerato “asociale” o “anormale” come l’occasione di risolvere una situazione difficile attraverso modalità creative. Tale ottica nasce da una basilare considerazione di carattere umanistico, secondo la quale il processo di crescita è guardato con uno sguardo estremamente attento alle potenzialità a cui dare senso e valore, in un rapporto genitoriale o di alleanza terapeutica che ne comprenda e rispetti i bisogni in un rapporto paritario.
Il contatto con il bambino o l’adolescente si converte, infatti, in contatto con le proprie emozioni, sensazioni e pensieri, nello sviluppo di un’esperienza creativa a cui il terapeuta partecipa attivamente e consapevolmente, con una particolare attenzione alla qualità dell’esperienza terapeutica, più che all’analisi interpretativa della situazione.
Il tema della presenza dell’operatore psicologico nella relazione terapeutica è strettamente connesso ad un processo di ascolto attivo con il bambino, con la coppia genitoriale e con altri soggetti che interagiscono con lui, sempre nella consapevolezza del qui e ora. Lo sviluppo di tali competenze comunicative richiedono ricettività e introspezione, sviluppando la forma più alta di comunicazione, ovvero l’empatia, che può permettere di tirar fuori ciò che è nascosto su cui poter lavorare. A tale proposito credo che sia particolarmente significativa quella che Arnold Beisser definisce la “teoria paradossale del cambiamento”: “Si verifica il cambiamento quando si diventa ciò che si è, non quando si cerca di diventare ciò che non si è”.
Il cambiamento non è quindi generato da un’azione unilateraterale dell’operatore psicologico, ma si realizza nei tempi e con le energie presenti di cui l’individuo prende consapevolezza.
Ad esempio il benessere del bambino può essere raggiunto “riportandolo a sé stesso”, a ciò che è, accettando i propri sentimenti e familiarizzando con il proprio corpo e la propria sensibilità, conosciuti dal di dentro e non attraverso le opinioni e lo sguardo, spesso giudicante degli altri.
Ritengo inoltre che emerga in modo basilare l’esigenza di controllare l’effetto negativo della comunicazione rappresentato dal giudizio che può coinvolgere, per il significato svalutativo, il bisogno di approvazione e rispecchiamento soprattutto nei bambini e negli adolescenti. La sospensione del giudizio diventa quindi essenziale come atteggiamento dell’operatore psicologico e la stessa interpretazione non ha molto valore, a meno che non la si usi come stimolo per un’ulteriore esplorazione.
Inserita nel sito internazionale istitutopolivagale.it
Psicologa
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